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Giustificazione e Sacramento del Matrimonio
Colloquio internazionale
(Roma 29-31 ottobre 2001)

Il breve intervento non permette l’ampia argomentazione di una relazione. Adotterò pertanto un genere aforistico, teso a comunicare un’intuizione, un varco nel pensiero, che avrà peraltro tutti i limiti della tesi apodittica con poche sfumature e poche articolazioni. L’intento è di avviare un confronto e un dibattito, che possa procedere oltre il già detto, tenendo come sfondo teologico il dialogo ecumenico, in specie la Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani e della Federazione luterana mondiale (31 ottobre1999), il rapporto La teologia del matrimonio e la sua applicazione ai matrimoni misti tra Aglicani e Cattolici (Venezia 1975), il rapporto La teologia del matrimonio e i problemi dei matrimoni interconfessionali (Venezia 1976).


Quadro della problematica teologico-pastorale nel dialogo interconfessionale

1.     La situazione sociologia e culturale di grande crisi del matrimonio sotto la spinta di cambiamenti epocali come il soggettivismo individualistico, l’emancipazione femminile, il ruolo primario dei sentimenti, il pluralismo multietnico, richiede alle chiese un supplemento di discernimento e di coraggio  per non ripetere semplicemente modelli desueti a cui si attribuisce troppo frettolosamente un’istituzione divina e per non condannare una generazione alle prese con un trapasso epocale nella gestione dei sentimenti e della coppia (TM76, nn.1764-68).

2.     Pare che siano tre le dimensioni irrinunciabili che si mantengono nell’odierna rivoluzione: la coppia, la famiglia e i figli, la società. Il matrimonio è particolarmente vulnerabile quando si dimentica una di queste dimensioni (TM76, 1773-74), tuttavia l’attenzione in questo caso cadrà sulla coppia.

3.     Nel dibattito sul sacramento del matrimonio si sono riversate tutte le difficoltà del dialogo ecumenico, soprattutto in relazione alla giustificazione del peccatore e riguardo al rapporto tra giustificazione e sacramenti (TM76, 1775). Questo ribadisce l’opportunità del convegno.

4.     Diversi punti di vista: i Riformati contestano il matrimonio cattolico come sacramento per  diversi motivi: per un’efficacia quasi automatica della Grazia, perché non rispetta il carattere naturale del matrimonio, per il contenzioso giurisdizionale con lo stato civile, perché il matrimonio non dà la Grazia ma la deve ricevere, per il carattere dubbio dell’istituzione da parte di Cristo (Ivi). I cattolici rivendicano che sposarsi nel Signore non ha lo stesso peso che mangiare e dormire nel Signore sulla scorta di Ef 5 e della tradizione antica della Chiesa.

5.     E’ necessario dare un nome alla relazione tra mistero di Cristo e condizione coniugale, che, se anche evita il termine sacramento inviso ai luterani, ciò nondimeno indichi la visione comune del matrimonio in senso profondo (TM76, 1781).

6.     Il senso comune profondo è che il matrimonio “ha un rapporto stretto con la promessa di Dio, cioè Gesù Cristo. Essa non potrebbe mai essere subordinata a coloro che sono chiamati a beneficiarne. E’ data loro senza che mai essi ne possano diventare i proprietari” (TM76, 1782). Dire che il matrimonio è segno dell’alleanza è dire il suo carattere sacramentale (TM76, 1784). Lo specifico del matrimonio cristiano è vivere l’amore coniugale “in modo più particolare…secondo questa promessa di Grazia” (TM76, 1785).

7.     La comune convinzione è che il matrimonio deve durare tutta la vita, cioè è un dono reciproco che fa dei due una sola carne, è totale, senza riserve e senza condizioni. Un amore autentico per sua natura tende a durare tutta la vita (TM76, 1787).

8.     Proprio sul fronte della fedeltà, connotante l’amore coniugale nel Signore, si consuma la divaricazione tra cattolici e luterani. Per i primi la veritas del sacramento è l’indissolubilità del vincolo; per i secondi la verità del matrimonio è la grazia che giustifica, quindi è ammissibile il divorzio e un nuovo vincolo nel caso di fallimento totale (TM76, 1788-94).

9.     I presupposti luterani dell’accettazione del divorzio sono quattro: la dottrina della giustificazione del peccatore; l’esercizio ecclesiale della misericordia e del perdono; l’inciso di Mt 5,32 e 19,9, accettato anche dalla chiesa ortodossa;  la posizione delle seconde nozze degli ortodossi mai formalmente condannata (TM76, 1795).

10.    I cattolici nella dottrina giuridica del matrimonio rato e consumato connettono il consenso con la sessualità, per cui vengono fuse con notevoli problemi le dinamiche affettive della comunicazione tra uomo e donna con le dinamiche adattative della procreazione. Inoltre diventano impedimenti dirimenti, che annullano il matrimonio, i casi di impotenza, svuotando di fatto il bonum sacramenti o anche solo la carità coniugale in forza del battesimo come se i “malriusciti” non avessero il diritto al bene coniugale.

11.   Credo che su questo versante vi saranno pochi passi avanti nel dialogo ecumenico. Infatti l’attenzione dei documenti è prevalentemente sui matrimoni misti. Ognuno tenderà a ripetere la propria posizione. Forse potrebbe giovare rimettere in discussione alcune problematiche teologiche fondamentali sulla scorta della Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione tralasciando per il momento le differenze pastorali. Due i temi di fondo che poniamo all’attenzione: primo, fedeltà e indissolubilità per accedere allo specifico della gratuità della Grazia; secondo la rinarrazione della giustificazione per Grazia rispetto al tema classico Christus extra nos pro nobis per non incorrere nella visione del matrimonio cristiano come remedium concupiscentiae.

 

Consenso, fedeltà e indissolubilità del matrimonio

12.   Il punto sta nella difficile articolazione tra matrimonio della creazione e matrimonio nel Signore. L’impostazione cattolica tradizionale muove dal Diritto romano per cui “il matrimonio  è prodotto dal consenso fra persone capaci, legittimamente manifestato; consenso che non può essere supplito da nessuna potestà umana” (C.I.C. 1057). Proprietà essenziali del matrimonio sono l’unità e l’indissolubilità (C.I.C. 1056). L’unità comprende la monogamia (matrimonio di un solo uomo con una sola donna) e la fedeltà (esclusione dell’adulterio). Inoltre la dottrina canonica prevede che il matrimonio sacramentale rato con il consenso, vada consumato sessualmente per rinsaldare l’indissolubilità del vincolo. Si introduce così nel legame di coppia la dimensione sessuale che dovrebbe sancire la fedeltà perenne quindi garantire l’essenza del matrimonio cristiano. Questo punto è particolarmente debole; le moderne scienze hanno evidenziato che la fedeltà sessuale è un meccanismo per legare il partner e quindi è sul versante egoistico e non sul versante dell’amore ablativo della Grazia. Occorre riguadagnare un secondo livello di fedeltà, smascherando il primo livello adattativo che rischia di tradire il sacramento cristiano. L’utilizzo della biologia evoluzionista non intende proporre una verità ultima, ma scardinare le certezze consolidate su ciò che è “naturale” e proporre una versione più complessa al seguito di lunghe indagini sul comportamento degli animali e degli umani.

13.   Oggi c’è un grande dibattito sulla natura opposta alla cultura, sull’istinto opposto all’apprendimento. Sempre di più appare chiaro che lo sviluppo umano del cervello con la sua capacità di ragionamento, di consapevolezza e di coscienza non è per costruire arnesi per la guerra o per la caccia, ma per il corteggiamento (GEOFFREY MILLER 1992). Secondo questa ipotesi il nostro cervello con le proprietà emergenti della consapevolezza e della coscienza, è stato progettato nell’evoluzione per capire “ciò che passa nella testa degli altri”, specialmente nel conflitto tra i sessi.

14.   Una psicologia evoluzionista, che mette insieme filogenesi e ontogenesi, ci può far capire i meccanismi remoti dei nostri comportamenti e aiutarci, se non a modificarli, a tenerli sotto controllo, a conviverci e a razionalizzarli. Ciò non significa che noi siamo predeterminati e senza libertà. R.Dawkins sostiene ne Il gene egoista, che noi siamo gli unici esseri col libero arbitrio. Ciò significa che non possiamo capire i fenomeni umani senza considerare la base biogenetica.

15.   L’ipotesi di lavoro (vorrei ribadire il carattere interlocutorio e ipotetico del mio intervento teso a interpretare una situazione sociologica di grande fibrillazione e di grande tensione nella coppia) è sollecitata dalla biologia evoluzionistica, per la quale la fedeltà coniugale è più sul versante biologico che sul versante teologico dell’amore trinitario. Inoltre essa offre strumenti nuovi per  capire che l’infedeltà è altrettanto originaria e “naturale” quanto la fedeltà. Fedeltà e infedeltà dunque sarebbero solo due strategie adattative preposte a funzioni diverse e non sempre in alternativa.

16.   La fedeltà a livello adattativo servirebbe a garantire la risorsa per il futuro. Specialmente la donna non inizia una relazione coll’uomo se non ha la garanzia di un investimento stabile per il futuro (D.BUSS). Il maschio, tendenzialmente portato a relazioni promiscue, trova nel matrimonio il vantaggio della certezza di trasmettere i suoi geni nelle generazioni future. Il matrimonio con la promessa di fedeltà perenne è l’istituzione sociale della garanzia della risorsa e della trasmissione dei propri geni. Il matrimonio allora si fonda più che sul completamento di due esseri incompleti, sull’inganno reciproco per strategie contrastanti. Una donna offre all’uomo la possibilità di trasmettere i suoi geni, un uomo offre a una donna di trasformare l’uovo in embrione. Ciascun sesso è in competizione perché vede nell’altro un mezzo da sfruttare.

17.   L’infedeltà, sempre a livello biogenetico, servirebbe invece a tramandare i geni migliori. Se ci si domanda come mai la riproduzione umana sia sessuata con tutte le complicazioni e i costi connessi, la risposta è perché è necessario un grande rimescolamento genetico per resistere ai parassiti (MATT RIDLEY, JOHN MAYNARD SMITH, WILLIAM HAMILTON). La riproduzione gamica produce un essere diverso dai genitori, quindi meno esposto all’attacco dei parassiti. Questa versione trova conferma nella sociologia e nell’antropologia culturale per le quali le culture hanno regolato la necessità del rimescolamento genetico attraverso le strutture della parentela e attraverso il tabù dell’incesto, che secondo Lévi-Strauss è l’unico valore universalmente riconosciuto. Trovare un compagno e nutrire la prole: ecco i due compiti che distinguono i maschi dalle femmine. Le due cellule, ovulo e spermatozoo, non potendo essere contemporaneamente mobili e ricche di sostanze nutritive, si sono specializzate. L’ovulo per il nutrimento, lo spermatozoo per trovare il partner. Questo spiega le differenze fisiche e comportamentali. I maschi puntano sulla quantità, le femmine sulla qualità. Ecco allora le diverse infedeltà: le femmine scelgono i maschi in base alle qualità genetiche, i maschi tendono ad esasperare queste qualità per avere molti accoppiamenti (es. maschio del pavone). Poiché l’impulso a riprodursi è sempre più forte di tutto, è facile che la fedeltà di partenza ceda il posto all’infedeltà quando si presenta l’occasione propizia. Due esempi. Una volta si riteneva che le rondini arboricole fossero rigidamente monogame, ci si è accorti invece che esercitano di nascosto l’adulterio sempre in vista dei migliori. Così tra gli umani la donna nella relazione extraconiugale trattiene il triplo di spermatozoi rispetto al partner ufficiale (BAKER R.R. and BELLIS). Sono clamorose le percentuali dei nati in Europa da relazioni adultere scoperte solo in seguito alla prova del DNA.

18.   Diane Ackerman nella storia naturale dell’amore sostiene che l’adulterio era naturale per i maschi e anche per le femmine. Gli umani si sono evoluti sia sul registro della fedeltà monogamica, sia sull’infedeltà poligamica. D.Buss ritiene che la monogamia sociale non significhi esclusività sessuale perché ogni strategia ha i suoi vantaggi: la monogamia ha l’investimento temporale e il controllo del partner; la non esclusività sessuale ha la ricerca del seme migliore o dell’uovo migliore.

19.   C’è da aggiungere che siamo l’unica specie che usa il sesso non solo a scopo riproduttivo, ma per il gioco e la comunicazione. La mente riesce a tenere sotto controllo i geni, sebbene la biologia abbia un peso che spesso trascuriamo. Anche quando sembra che la riproduzione perda il suo valore permangono i meccanismi adattativi anche nella dimensione comunicativa della sessualità con enormi problemi psicologici e sociali. Infatti non si rispettano le leggi della comunicazione come la libertà del partner, la dedizione senza interessi, ma prevalgono abitualmente i meccanismi riproduttivi come la gelosia, la violenza, l’oggettivazione e lo sfruttamento del partner (R.NESSE, R.D.ALEXANDER, D.BASS).

20.   Perché il contributo della psicobiologia evoluzionista offre spunti importantissimi per la riflessione teologica sul matrimonio? Perché sembra che la fedeltà sia naturale come l’infedeltà e che quest’ultima non si possa iscrivere semplicemente nella dimensione del peccato, essendo una caratteristica naturale. Inoltre la fedeltà, lungi dal connotare l’amore di Cristo per la Chiesa, si presenta sul versante opposto del controllo del partner. E’ clamoroso costatare che molti meccanismi unitivi, coperti dalla semantica retorica dell’amore, non sono altro che meccanismi di controllo subdolo e talvolta ingannevole, fonte di sofferenza e di fraintendimenti.

21.   Le culture e le religioni hanno privilegiato il valore della fedeltà per gli ovvi vantaggi di stabilità sociale e di controllo sull’anarchia dei sentimenti e dei risentimenti, ma non è più così evidente la sua relazione con la gratuità dell’amore. Questo non significa legittimare l’infedeltà e metterla sullo stesso piano della fedeltà, significa piuttosto capire un fenomeno molto ampio e cercare le contromisure a livello pedagogico, sociale e pastorale. La fedeltà infatti ha come un male oscuro, tenuto nascosto nei tempi di forte controllo sociale sulla coppia fino alla condanna a morte, ed esploso oggi dove l’individuo rivendica la propria libertà. L’infedeltà non sarebbe contro l’amore, al contrario, nella stragrande maggioranza dei casi sarebbe una rivendicazione dell’amore: se non si capisce questo si rischia di non capire più dove stanno gli uomini del nostro tempo. E’ in atto una straordinaria rivoluzione antropologica con tutte le ambiguità che l’accompagnano. La fedeltà ucciderebbe l’amore esattamente perché sarebbe un meccanismo per legare l’altro alle proprie strategie adattative. Le Chiese che mettono la fedeltà come condizione di possibilità dell’amore nel Signore senza ulteriori precisazioni, rischiano di parlare un linguaggio estraneo alle esigenze della coppia e di tradire l’ispirazione dell’amore del Signore. Per molti la posizione ecclesiale presuppone una concezione biologista della sessualità, che non tiene conto dell’altra faccia della sessualità, ovvero della dimensione ludica e comunicativa e che a maggior ragione occulta la dimensione religiosa dell’amore.

22.   L’ipotesi teologica che proponiamo a questo dibattito ecumenico tra le chiese è di relativizzare il tratto della fedeltà troppo legata ai meccanismi biologici della sessualità e di elevare il carattere della gratuità e del dono unilaterale per dire l’amore trinitario nella coppia cristiana. Solo in seconda battuta l’amore gratuito si connoterebbe come fedele. La fedeltà a questo punto non sarebbe più un meccanismo di controllo perché sarebbe al servizio della gratuità del dono d’amore. D’altra parte sembra piuttosto strano che nella condizione terrena, caratterizzata esattamente dalla relatività, si concepisca qualcosa di assoluto senza ammettere che possa venire smentito. Se la fedeltà è l’essenza del matrimonio cristiano, solo l’indissolubilità garantirebbe il sacramento vanificando in qualche modo la Grazia e con costi talora insopportabili per i partners. Si rischia di rimanere fedeli alla fedeltà della coppia anziché al partner. L’esito inevitabile di questa presa di posizione assolutista della chiesa cattolica è di allontanare di fatto dalle assemblee eucaristiche i fedeli divorziati i quali non si possono più accostare alla comunione se non riattivando la fedeltà del matrimonio rato e consumato. E’ un problema spinoso per la chiesa cattolica a cui i Vescovi continuamente richiamano l’attenzione della S.Sede. Finché nel matrimonio si accetta la sessualità e i suoi meccanismi come garante della fedeltà sacramentale, difficilmente si accederà alla dimensione di Grazia unilaterale.

23.   Lo stesso problema si pone pure alle chiese luterane. Allorché insistono sul “per sempre” dell’alleanza coniugale, non possono accettare  tranquillamente il divorzio senza compromettere l’alleanza col Signore, dando di fatto ragione alla tradizione cattolica. Se la fedeltà è l’essenza del segno dell’alleanza sponsale, non vi può essere alleanza con Dio senza fedeltà coniugale. A meno che la fedeltà ceda il posto alla gratuità dell’alleanza.

 

Giustificazione per Grazia: non solo soteriologia per il “Mistero grande” del matrimonio nel Signore

24.   L’accentuazione del legame coniugale attorno alla gratuità del dono di Grazia è in linea con la dottrina della giustificazione per Grazia (Gal 5,5): con essa, sostiene Lutero, tiene o cade la Chiesa (Werke. Deutsche Bibel, 40, III, 352, 3). Tuttavia questo è accettabile alla condizione che non venga dimenticato il versante rivelativo non soltanto soteriologico della Grazia. La Dichiarazione congiunta si è limitata a dirimere la contesa storica del sec.XVI e per togliere le condanne e si è limitata al Christus propter nos pro nobis. Ma non bisogna dimenticare la dimensione rivelativa della Grazia, che ha dominato il primo millennio ed è rimasta appannaggio della Chiesa d’Oriente. Il secondo millennio si è mosso più sul versante soteriologico della cristologia ed è forse questa la ragione per cui tra cattolici e luterani si è arrivati ad un relativamente facile accordo. Non vogliamo creare inutili distinzioni per sminuire la portata storica dell’accordo, solo vogliamo segnalare che un’accezione di giustificazione troppo spostata sul versante soteriologico rischia di interpretare il matrimonio cristiano in chiave di “remedium concupiscentiae” e non in termini positivi di epifania dell’amore di Dio. Infatti il matrimonio deve sempre essere salvato e non può esibire la positività dello statuto della creazione. La dottrina della giustificazione è la spiegazione teologica dell’evento Cristo. Secondo E.Jüngel  “la giustificazione dell’empio non è concepibile senza che Dio stesso subisca le conseguenze dell’empietà umana e rimanga proprio così Dio”(p.90). Quasi si rende peccatore l’uomo per un’esigenza cristologia, ovvero per rendere plausibile l’azione di Dio in Cristo.Sulla scorta di Fil 2 si può obiettare a Jüngel che Dio giustifica non solo nell’empietà della morte del Figlio ma nella morte anche senza empietà, ovvero nell’accettazione della morte in quanto tale. Non è l’empietà della morte che qualifica l’obbedienza di Gesù, ma la morte accettata in quanto tale. Se l’evento della giustificazione vuole mantenere la differenza di Dio, non necessariamente deve contrapporre Dio all’uomo peccatore, come pugno chiuso sulla sua insubordinazione, ma può preservare la bontà creaturale, fermo restando che Dio è altro e che l’uomo può rifiutarlo col peccato. La giustificazione non ha bisogno di un orizzonte dualistico, ma semplicemente afferma l’infinita differenza qualitativa di Dio come possibilità di libertà concessa all’uomo che si espone nel rischio della fede al Mistero. Diventa decisiva l’interpretazione di “concupiscenza”, desiderio egoistico per i luterani, inclinazione al male per i cattolici (Allegato alla Dichiarazione congiunta n.2/b). Se le diverse accentuazioni sono intese in senso gnostico non c’è scampo per il matrimonio della creazione e il matrimonio cristiano può solo salvare il matrimonio “naturale” irrimediabilmente compromesso dal peccato.

25.   Bisogna articolare il matrimonio della creazione o naturale con quello della redenzione o meglio col matrimonio nel Signore. L’articolazione è prevista nei documento ecumenico cogli Anglicani perché il primo ha la “piena potenzialità” di diventare il secondo (n.203). La chiesa cattolica usa spesso il termine “perficit”, ma bisogna intendersi. Se il matrimonio cristiano non fa che ratificare perfezionando il disegno creaturale non si capisce perché si parla di sacramento. Al massimo vi può essere una radicalizzazione morale dell’indissolubilità del vincolo, ma non un salto di livello cristologico. E’ il rimprovero dei luterani ai cattolici!  La tradizione cattolica ha bascullato tra la riduzione del sacramento a consenso-contratto giuridico romano con Nicola I senza salvaguardare lo specifico cristologico, e la sacralizzazione del consenso col decreto Tametsi nel Concilio di Trento, che fagocita il livello creaturale e non riconosce il matrimonio civile. Il Vaticano II con la riforma liturgica ha cercato un equilibrio tra creazione e redenzione mantenendo i significati creaturale dell’unità, della fedeltà e della fecondità nel quadro teologico di Ef 5.

26.   L’ulteriore dibattito in seguito agli adattamenti del rituale del matrimonio ha sottolineato il peso dell’antica benedizione non solo in senso ascendente ma anche discendente come epiclesi dopo il consenso. Così si ottiene una teologia del dono di Grazia non riducibile alla reciprocità del consenso tra i coniugi, che pure rimane con la sua positività creaturale. Sull’amore umano, benedetto da Dio fin dalla creazione del mondo, viene riversata la Grazia dell’agape che regola i rapporti trinitari e con la chiesa, cosicché anche il matrimonio nel Signore diventa segno efficace della Grazia, o segno della nuova alleanza. In tal modo si rispettano i due livelli, creaturale e sacramentale; non si contrappongono, non si elidono, entrano in sinergia come la carne e lo Spirito nel Verbo incarnato.

27.   Evidentemente la sinergia non è omologia, ma ha i tratti della simbolizzazione sacramentale in cui un pezzo di mondo viene assunto e decostruito nella sua semantica ordinaria per accedere ad un nuovo gioco linguistico di tipo religioso. Nel salto di livello diventa decisivo il rito sacramentale capace di produrre sotto l’azione dello Spirito Santo ciò che dice. Su questo fronte le chiese luterane hanno di che riflettere. Il rescritto del 1970 tra Congregazione della dottrina della fede e Chiesa valdese circa il valore sacramentale del matrimonio civile, pur essendo una dispensa dalla forma canonica, è in questo senso una forzatura per la teologia del sacramento. Il matrimonio diventa per il credente una realtà dinamica che si matura a tappe: s’inaugura per i bisogni adattativi di procreare e di rimediare la solitudine in una ricerca mimetica di unione fusionale, s’approfondisce nella progressiva accoglienza dell’altro come differenza non competitiva verso una personalità corporativa, può svilupparsi come vocazione religiosa nel senso di accoglienza nell’amore umano dell’amore divino che si riceve in modo specifico nel sacramento celebrato. La Chiesa d’Oriente attribuisce molto valore alla liturgia del sacramento in ordine all’istaurarsi del livello di Grazia del matrimonio. Qui è il nodo in cui il dialogo ecumenico può procedere oltre le barriere linguistiche e i pregiudizi di tradizioni diverse. Il rito non si connota in modo confessionale; è il linguaggio del Sacro perché preserva l’alterità dell’evento fondante e lo rende accessibile all’oggi della Chiesa. Siamo tutti irretiti in Occidente dall’”errore di Cartesio”: sapere e non sentire, non fare esperienza dell’eccedente. Si capisce perché il ministero dell’ortodossia sia diventato così invadente e pervasivo sia tra i Cattolici, sia tra i Luterani, dovendo caricarsi l’onere di preservare “ideologicamente” la differenza della Grazia o contro il materialismo del sacramento o contro il soggettivismo della sola fide.

28.   La specificità dello sposarsi nel Signore è l’accoglienza dell’amore trinitario che si connota come unilaterale, gratuito e folle. Tutto questo in un quadro dove permangono i valori creaturali della bilateralità e del reciproco aiuto e del reciproco vantaggio. Questo spiega come mai anche i credenti possono fallire e non reggere le esigenze della Grazia. La specificità dello sposarsi nel Signore dovrebbe indurre la chiesa cattolica a fare un passo indietro riconoscendo il matrimonio creaturale nella sua autonomia e nella sua bontà.

29.   Tale bontà creaturale esige un’accentuazione della giustificazione dove il peso non è sul peccato dell’uomo ma sulla rivelazione della Grazia. Il peccato è un eventualità seconda non primaria, altrimenti la seconda persona della trinità esisterebbe solo in funzione del peccato dell’uomo e non come epifania del Padre nell’amore dello Spirito Santo. La tesi amartiologica agostiniana dell’inevitabilità del peccato pesa sulla bontà creaturale fino ad avallare di fatto un certo dualismo gnostico col sospetto sulla positività della sessualità umana coi suoi meccanismi adattativi. D.Bonhoeffer protestava contro “la metodica religiosa” che parte dall’uomo corrotto per giustificare la cristologia.

30.   E’ su questa teologia della giustificazione per Grazia che deve prodursi un nuovo paradigma del matrimonio cristiano sulla scorta di Ef 5. Evidentemente il livello dello sposarsi nel Signore è religioso perché rivela efficacemente il volto di Dio nel mondo. Il conflitto con le dinamiche adattative e morali diventa normale perché tutte queste dimensioni rimangono attive. La Grazia sacramentale non assicura nessuna garanzia di durata, può e deve tuttavia diventare una risorsa perché quel che sembra impossibile agli uomini è possibile a Dio. E’ il rischio della fede.

31.   In rapida sintesi si potrebbe dire che la fede nella giustificazione per Grazia permette di centrare la specificità dello sposarsi nel Signore sul dono di Grazia, che reinterpreta la fedeltà coniugale in termini positivi di unilateralità e di gratuità in quell’atto rituale dove si realizza il trapasso simbolico dal livello della fedeltà–infedeltà adattative all’amore di Cristo per la Chiesa. L’accezione più marcatamente soteriologia della giustificazione si adatterebbe meglio alle seconde nozze della tradizione ortodossa o del canone 8 del Concilio di Nicea quando la grande Chiesa permetteva il riacceso all’eucaristia per i risposati dopo la penitenza canonica.

32.   Fermo restando il valore di segno della nuova alleanza per entrambe le chiese, il matrimonio soffre di due mali opposti. I cattolici sottolineano il carattere sacramentale sancito da un rito epicletico, ma non vanno oltre una morale peraltro in crisi sul fronte della fedeltà indissolubile.  I luterani rimarcano il carattere di Grazia del matrimonio nel Signore, stigmatizzano una sacralizzazione del matrimonio della creazione o matrimonio civile, ma sono latitanti nel riconoscere il regime rituale e simbolico dell’istituirsi sacramentale  dell’azione di Grazia nell’oggi della chiesa. Su questo fronte le chiese devono almeno lasciarsi interrogare dal Vangelo della giustificazione.

  

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione tra la Chiesa Cattolica e la Federazione Luterana Mondiale, 31 ottobre 1999.

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La teologia del matrimonio e i problemi dei matrimoni interconfessionali, Venezia, 1976, in Enchiridion oecumenicum, Documenti del dialogo interconfessionale, 1, Dialoghi internazionali, 1931-1984, Bologna, EDB, 1986.

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